Tosca di Giacomo Puccini

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Dietro le quinte
Tosca di Giacomo Puccini
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Il capolavoro di Giacomo Puccini Tosca

Tosca è un’ opera tragica in 3 atti, di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. Il soggetto originale è stato tratto dal dramma omonimo di Victorien Sardou, rappresentato per la prima volta il 24 novembre 1887 al “Thèatre de la Porte-Saint-Martin” di Parigi interpretato dalla grande Sarah Bernhardt che ne decreto il grandioso successo.

Il periodo storico

L’opera intreccia dei fatti storici alla storia d’amore tra due artisti: un pittore Mario Cavaradossi e una cantante Floria Tosca. La trama si svolge nella Roma pontificia di Pio VI, in un’atmosfera tesissima, che segue la rivoluzione Francese, e la caduta della prima Repubblica Romana, in una data ben precisa: sabato 14 giugno 1800, il giorno della battaglia di Marengo che fu combattuta nel corso della seconda campagna napoleonica d’Italia, durante la guerra della seconda coalizione, tra le truppe francesi guidate dal Primo console Napoleone Bonaparte, e l’esercito austriaco, comandato dal generale Michael von Melas. Entrambi citati da Sciarrone che informa il Barone Scarpia della vitttoria dell’esercito francese.

Da Sardou a Puccini

Il dramma “La Tosca” venne rappresentato al Teatro filodrammatici di Milano nel 1889 Giacomo Puccini ne rimase entusiasta e decise di ricavarne un’opera. Giulio Ricordi si occupo dei diritti per musicarla. Sardou dimostrò freddezza. Ma Ricordi ottenne comunque l’autorizzazione. Luigi Illica che preparo la bozza del Libretto la fece approvare da Sardou, in presenza di Giulio Ricordi e di Giuseppe Verdi che si trovava a Parigi per l’Otello. Alcuni anni dopo Verdi rivelerà al suo biografo che, avrebbe volentieri musicato Tosca.

La prima al Costanzi

Anche Giuseppe Giacosa partecipò alla stesura del libretto, dopo alcuni contrasti e ripensamenti, l’opera fu completata nell’ottobre 1899 e il 14 gennaio 1900 vide le scene al Teatro Costanzi, in sala era presente il presidente del Consiglio Luigi Pelloux e la Reina Margherita di Savoia. Inizialmente criticata dalla stampa, che si aspettava un’opera in linea con lo stile Pucciniano, Tosca si affermò ben presto nel repertorio dei maggiori teatri lirici del mondo, e tutt’oggi è una delle opere più rappresentate a livello internazionale.

Atto I La Cattedrale di Sant’Andrea della Valle

l’Atto primo si apre nella splendida Cattedrale di Sant’Andrea della Valle dove il console della Repubblica Romana Angelotti, bonapartista volterriano, cerca rifugio, dopo essere fuggito da Castel Sant’Angelo, infatti sua sorella, sposa del marchese Attavanti, gli ha fatto trovare le chiavi della loro cappella votiva. La donna viene ritratta nel dipinto dal cavalier Mario Cavaradossi che cercava un volto per Maria Maddalena. Al giungere del sagrestano, Angelotti si nasconde nella cappella degli Attavanti.

Recondita armonia

Il sagrestano, borbottando, riordina gli attrezzi del pittore che continua a lavorare al suo dipinto intonando una delle più celebri arie della storia della lirica (Recondita armonia) Il sagrestano nota che la Maddalena ha il viso della marchesa Attavanti, offre quindi il pranzo, che il pittore rifiuta, il sacrestano finalmente si congeda. Cavaradossi che conosce da tempo Angelotti e ne condivide la fede politica escogita un piano di fuga, ma sono interrotti dall’arrivo di Floria Tosca, l’amante di Cavaradossi: Angelotti si nasconde nella cappella e consuma il pranzo del pittore.

Non la sospiri la nostra casetta

Mario non può dire a Tosca di Angelotti, lei fervente cattolica rivelerebbe l’accaduto in confessione. Per quella sera vorrebbe che si incotrassero nella villetta fuori porta del Cavaradossi (Non la sospiri la nostra casetta…). Ma riconoscendo nel volto della Maddalena ritratta, la marchesa Attavanti, scatena una scenata di gelosia, Mario a fatica (Qual occhio al mondo…), riesce a calmarla e a congedarla. Angelotti riprende il discorso interrotto, Mario gli offre protezione e lo indirizza alla sua villetta in periferia. Il cannone di Castel Sant’Angelo annuncia la fuga del prigioniero; Cavaradossi accompagna Angelotti per coprirne la fuga. Portano via il travestimento femminile, dimenticando il ventaglio nella cappella. La notizia della vittoria delle truppe austriache su Napoleone a Marengo fa esplodere la gioia del sagrestano, che inizia i preparativi per un “Te Deum” di ringraziamento.

Un tal baccano in chiesa

Il barone Scarpia, capo della polizia pontificia irrompe in chiesa seguendo le tracce di Angelotti, sospetta anche di Cavaradossi noto volterriano bonapartista, egli trova nella cappella un ventaglio con lo stemma della Marchesa Attavanti, col quale stuzzica la gelosia di Tosca. Egli segretamente innamorato di Tosca desidera prendere tre piccioni con una fava, arrestare Cavaradossi e Angelotti e possedere la cantante. Tornata in chiesa per informare Mario che il loro programma è sfumato, viene ingannata da Scarpia, ella, credendo in un incontro amoroso di Mario con la Marchesa, giura di ritrovarli. Scarpia quindi ordina al suo agente Spoletta di seguirla di nascosto (Tre sbirri, una carrozza…), mentre i fedeli entrano in chiesa per il Te Deum che celebra la presunta sconfitta delle truppe di Napoleone, il barone pregusta l’impiccagione di Cavaradossi e sogna di avere Tosca fra le sue braccia.

Atto II Palazzo Farnese

L’atto secondo si svolge a Palazzo Farnese sede della polizia pontificia. Al piano nobile una grande festa alla presenza dei sovrani del Regno delle due Sicilie celebra la vittoriosa battaglia di Marengo. Il Barone Scarpia cena, Spoletta reca notizie, ha seguito Tosca alla villetta di Mario, dalla quale la donna è uscita subito, avendo capito l’errore causato dalla gelosia. Dopo aver perquisito la casa da cima a fondo, non hanno trovato Angelotti, ma arrestano Mario affinché venga interrogato. Il pittore nega, non rivela il nascondiglio del console, viene torturato, ma ancora nega. Tosca, è convocata da Scarpia, che le fa udire le urla di Mario. Tormentata dalle grida dell’amato, rivela a Scarpia il nascondiglio dell’evaso: il pozzo nel giardino della villetta.

L’alba vindice appar

Mario, ricondotto davanti al Barone capisce il tradimento di Tosca e la maledice. In quel momento arriva Sciarrone che annuncia la vittoria delle truppe francesi, Napoleone a sconfitto gli austriaci nella Battaglia di Marengo. Mario inneggia alla vittoria (l’alba vindice appar ) Scarpia lo condanna a morte per impiccagione. Giunge la notizia che Angelotti si è ucciso per evitare l’arresto: Scarpia ordina che sia appeso morto alle forche accanto a Cavaradossi. Disperata, Tosca implora la grazia per Mario, il cinico Barone acconsente a patto che gli si conceda carnalmente. Atto II Palazzo Farnese

Vissi d’arte vissi d’amore

Sconvolta si rivolge a Dio in una delle più celebri arie liriche del mondo (Vissi d’arte vissi d’amore). Tosca messa alle strette cede. Scarpia, con un gesto d’intesa col fido Spoletta, fa credere a Tosca che il suo Mario sarà giustiziato con una fucilazione simulata. Compila quindi un salvacondotto che permetterà agli amanti di uscire dallo stato, Scarpia quindi si avvicina a Tosca per riscuotere il pattuito, ella quindi lo trafigge al cuore, e Scarpia muore. Tosca, in uno slancio di religiosa pietà, pone due candelabri accanto al cadavere, prende il salvacondotto e scappa.

Atto III Castel Sant’Angelo

L’atto terzo si svolge a Castel Sant’Angelo, È l’alba, un pastorello canta uno stornello romanesco, è questo un omaggio di Puccini a Mascagni che 10 anni prima nella sua Cavalleria Rusticana ha inaugurato questo stile sdoganando il canto lirico in dialetto. Sui bastioni della fortezza, Mario si prepara a morire, scrive un’ultima lettera d’amore a Floria, sopraffatto dai ricordi e dalla disperata nostalgia canta una delle cavatine più celebri della storia della lirica (E lucevan le stelle). Giunge Tosca, gli mostra il salvacondotto e lo informa della fucilazione simulata, gli raccomanda di fingere la morte. Mario però viene fucilato veramente, Tosca, inseguita dai poliziotti, grida «O Scarpia, avanti a Dio!» e salta giù dagli spalti del castello.

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