Ascanio Celestini giovedì 9 maggio in scena a Sanluri con I Parassiti
Giovedì 9 maggio alle 20:30 Ascanio Celestini sarà protagonista al Teatro Comunale Akinu Congia di Sanluri con I Parassiti: Un diario dei giorni del Covid19. L’artista romano mette in scena la malattia e l’incapacità di affrontare il lutto nella società contemporanea.
Lo spettacolo rievoca la paura davanti al diffondersi dell’epidemia, i primi casi in Italia, la tragica situazione a Bergamo, la zona rossa. Arriva in particolare alla sospensione delle manifestazioni culturali e di spettacolo ed alla chiusura delle scuole e degli uffici. Rappresenta in che modo è stata affrontata una situazione imprevedibile, una catastrofe che ha messo in ginocchio il mondo occidentale. Il dramma è inoltre reso ancore più evidente alla rinuncia a ogni contatto fisico nel timore di favorire la trasmissione del virus. Una guerra contro un nemico invisibile, che ha fatto riaffiorare il ricordo della peste. Ciò risaltando il ruolo della scienza, per evitare l’estinzione della specie umana.
Memorie di una catastrofe non troppo lontana
Ascanio Celestini descrive l’atmosfera di quei mesi terribili, tra disperazione, speranza e spirito di sopravvivenza, attraverso tre racconti emblematici. Tali racconti rivelano emozioni e stati d’animo dei personaggi e riflettono le opinioni della gente comune, in un colorato affresco di umanità. Tra i temi cruciali la difficoltà di elaborare il lutto nell’attuale civiltà dell’apparire, dove sembra relegato nell’oblio. La pandemia ha infatti riportato alla luce la vulnerabilità e la coscienza di essere solo una particella nel cosmo. In quest’ottica, la negazione dei riti funebri rappresenta uno degli aspetti più traumatici di quel periodo.
«Siamo stati presi di sorpresa dalla pandemia, ma l’abbiamo interpretata” sottolinea il regista “Quel numero così alto di morti ci ha disorientato, e all’inizio abbiamo pensato che fosse proprio il numero, la quantità. E invece è una questione di qualità. Non siamo più preparati per la morte, perché il lutto è immateriale come la memoria, le parole, i sogni».
La rappresentazione narra le storie di donne e uomini alle prese con la minaccia del coronavirus che incombe sulle loro esistenze. Nel suo stile diretto e immediato, Celestini parla di un infaticabile camminatore e della moglie, come di una donna anziana e della figlia. Trovano spazio anche badanti, tabaccai e fioraie, di famiglie e di immigrati. In altre parole, siamo di fronte a un diario corale del periodo della pandemia. Un reading poetico e struggente, tra l’ironia beffarda della sorte e le quotidiane ingiustizie della società contemporanea.