Gli esperti provenienti da 10 nazioni hanno convenuto in maniera unanime dell’esistenza di un impatto prodotto dai cambiamenti climatici sui vettori, pappataci e zecche. Animali che oltre all’azione parassitaria propria (succhiare il sangue dei propri ospiti), possono veicolare al loro interno pericolose infezioni parassitarie, batteriche e virali. Molte delle malattie di cui si sta parlando in ambito zootecnico in Sardegna, come la Blue Tongue, malattia emorragica del cervo, sono trasmesse da vettori. Gli esperti si interrogano sulla prevenzione delle malattie infettive.
E’ possibile che si verifichino altre pandemie? C’è un modo per prevenirle? Come integrare gli enti di ricerca con la pubblica amministrazione e le istituzioni di igiene pubblica nella sorveglianza e controllo di queste malattie? Come deve lavorare la ricerca per trovare delle soluzioni ai problemi sanitari che riguardano gli animali, che possono avere ripercussioni su regioni come la Sardegna?
Sono queste alcune delle domande a cui hanno cercato di rispondere i 20 esperti internazionali di zoonosi, riuniti a Stintino per un workshop intensivo.
In che modo il clima sta influenzando queste malattie? Il cambio delle temperature medie sta rendendo molti habitat di questi insetti inospitali, provocandone quindi uno spostamento. Ma in altri casi sta rendendo più favorevoli per loro habitat che prima potevano essere definiti temperati e che invece ora si stanno “tropicalizzando”. Avere le zanzare a dicembre è certamente un qualcosa di insolito e poco gradevole. Ma sapere che oltre alle punture può aumentare la possibilità di trasmissione di infezioni batteriche, parassitarie e virali è sicuramente un problema molto più serio.
Gli esperti sulla prevenzione delle malattie infettive trasportate da animali
“Dato che non riusciamo a ridurre le emissioni per mantenere la temperatura globale di 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali, le malattie infettive sensibili al clima stanno aumentando cosi’ come i loro intervalli di distribuzione e le stagioni di trasmissione. In particolare, le malattie trasmesse da vettori sono altamente sensibili ai cambiamenti climatici. In base a questi dati, i modelli ci indicano un’espansione delle aree adatte alle malattie trasmesse da vettori in Europa.” Riporta Camila Gonzalez Rosas, arrivata da Bogotà per dare il suo contributo al progetto.
A Stintino sono arrivati diversi ricercatori dall’Africa e dal Medio Oriente. Queste sono considerate dagli esperti tra le zone “calde” perché possibili fonti di nuovi patogeni o di ponti per vettori. “L’Europa e l’Africa sono collegate attraverso le rotte migratorie degli uccelli, degli animali, e ovviamente degli esseri umani che continueranno a dare origine all’emergenza e alla riemergenza di malattie trasmesse da vettori e zoonosi” è il commento di Marietjie Venter, della Scuola di Medicina dell’Università del Witwatersrand, a Johannesburg in Sud Africa.
Qual è la ricetta per la prevenzione delle malattie infettive e parassitarie? La risposta di Gioia Bongiorno dell’Istituto Superiore di Sanità è molto chiara: “fare sorveglianza continua. Dobbiamo gestire queste problematiche in anticipo, attraverso un sistema di sorveglianza tempestivo. Nel nostro paese è assicurato dall’azione quotidiana degli Istituti Zooprofilattici che lavorano in concerto con le ASL. Ma il numero di patogeni e di insetti da monitorare cresce a vista d’occhio e pertanto è necessario mettere a punto sistemi diagnostici dei patogeni e di cattura di insetti sempre più performanti e universali e quindi la collaborazione con l’Università ed il mondo della ricerca è fondamentale.”
L’importanza della cooperazione
Accanto a questo, un aspetto molto importante è la cooperazione transfrontaliera, perché avere un sistema di sorveglianza molto efficiente potrebbe non essere sufficiente se il “tuo vicino di casa” non lo ha, o semplicemente, come spesso succede, non c’è comunicazione fra autorità sanitarie di regioni geografiche confinanti. “Stiamo lavorando per intensificare i sistemi di collaborazione con le aree geografiche che confinano con la Sardegna, in particolare con i paesi del Maghreb ma anche e soprattutto con la Corsica” riferiscono i tre ricercatori che hanno organizzato il workshop, Luigi Sedda dell’Università di Lancaster e Antonio Varcasia e Alberto Alberti del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Sassari.
Proprio per questo hanno partecipato al workshop ricercatori dell’Algeria, Israele e del Senegal ma anche due giovani ricercatrici della Corsica appartenenti al gruppo di ricerca di Alessandra Falchi, studiosa sarda da tempo stabilitasi a Cortè, e che ha recentemente isolato il virus della febbre della Crimea-Congo, malattia trasmessa da zecche che nell’uomo è piuttosto grave e con una elevata letalità, insomma una di quelle malattie che proprio per la sua trasmissione è ora nella lista degli osservati speciali da parte dei ricercatori e delle istituzioni di sanità pubblica.
Ma è l’approccio di salute unica quello che i ricercatori raccomandano e stanno cercando di implementare nella rete di sorveglianza: “L’approccio One Health è necessario per gestire questa tipologia di malattie dove c’è una trasmissione da animali all’uomo, fortemente condizionata dall’ambiente” dice Alessandra Scagliarini dell’Università di Bologna. “Il Covid19 ci ha insegnato quali sono gli effetti devastanti che può avere lo spillover, ovvero un salto di specie da parte di un patogeno; per cui è molto importante un’azione di ricerca costante su specie sinantropiche meno conosciute, come ad esempio i rettili” dice Jairo Mendoza Roldan, dell’Università di Bari.