Madama Butterfly “tragedia giapponese” è un opera in tre atti di Giacomo Puccini, su libretto di Giupeppe Giacosa e Luigi Illlica. Vide le scene per la prima volta il 17 febbraio 1904, al Teatro alla Scala, e fù dedicata alla sovrana consorte d’Italia, Elena di Montenegro.
Amore a prima vista
Nel giugno 1900 a Londra, Puccini assistette alla tragedia Madama Butterfly di David Belasco a sua volta tratta dall’omonima novella di John Luther Long. Colpito dal soggetto, e dall’atmosfera orientale del dramma, la scelse come soggetto della sua sesta opera. Iniziata nel 1901, con numerose interruzioni, l’opera fu completata i 27 Dicembre 1903. Puccini analizzo minuziosamente, diversi elementi della cultura orientale, aiutato da Sada Yacco, celeberrima attrice giapponese, e dalla moglie dell’ambasciatore nipponico, che gli descrisse usi e costumi orientali.
Un disastro costruito
La sera della prima, nonostante una preparazione estremamete curata, ed un cast stellare, l’opera fu un fiasco. Nella lettera che la signora Ramelde, sorella del Puccini scrisse al Marito, si legge: «Alle due siamo andati a letto, e non posso chiudere occhio; e dire che tutti eravamo tanto sicuri! Giacomo, poverino, non l’abbiamo mai veduto perché non si poteva andare sul palcoscenico. Siamo arrivati in fondo non so come. Il secondo atto non l’ho sentito affatto e, prima che l’opera finisse, siamo scappati dal teatro.»
La ricerca di un perchè
Gli studiosi hanno incontrato difficoltà nel giustificare il fiasco alla Scala infatti l’edizione milanese dell’opera fu sostanzialmente la stessa che poco dopo trionfò a Brescia. Giulio Ricordi, Il direttore d’orchestra Pinchas Steinberg, e lo stesso Puccini, avvallarono l’ipotesi, che attorno all’autore e all’opera, fosse stato costruito un complotto
Un clima d’ostilità che svanì visto il valore dell’opera. L’ipotesi del complotto è confermata dalle sensazioni di Puccini, che scrivendo a Camillo Bondi suo amico citò un’ubriacatura d’odio nella quale si dovette tenere il debutto scaligero; «con animo triste ma forte ti dico che fu un vero linciaggio. Non ascoltarono una nota quei cannibali. Che orrenda orgia di forsennati, ubriachi d’odio. Ma la mia Butterfly rimane qual è: l’opera più sentita e suggestiva ch’io abbia mai concepito. E avrò la rivincita, vedrai, se la darò in un ambiente meno vasto e meno saturo d’odi e di passioni»
Il parere di Giulio Ricordi
Così come dalla cronaca di Giulio Ricordi, stilata poche settimane dopo: «Grugniti, boati, muggiti, risa, barriti, sghignazzate, i soliti gridi solitari di bis fatti apposta per eccitare ancor di più gli spettatori, ecco, sinteticamente, qual è l’accoglienza che il pubblico della Scala fa al nuovo lavoro del maestro Giacomo Puccini. Dopo questo pandemonio, durante il quale pressoché nulla fu potuto udire, il pubblico lascia il teatro contento come una pasqua!»
La Madame Madama Butterfly
Il fiasco spinse Puccini a ritirare immediatamente lo spartito, per sottoporre l’opera ad un’accurata revisione che, attraverso l’eliminazione di alcuni dettagli e la modifica di alcune scene, fu resa più agile e proporzionata. Tre mesi dopo, il 28 maggio 1903 al Teatro Grande di Brescia fu un trionfo che dura fino ad oggi, l’opera infatti è una tra le più rappresentate in tutti i teatri lirici del mondo.
Atto I
L’opera è ambiantata agli inizi del 900 in una tranquilla cittadina portuale del Giappone, Nagasaky Benjamin Franklin Pinkerton, ufficiale della nave Abramo Lincoln, Marina militare degli Stati Uniti, e Cio Cio – san ( Madama San Farfalla Chō), in inglese Madama Butterfly, le nozze sono fortemente volute dagli sposi: Lei caduta in disgrazia dopo il seppuku, il suicidio rituale del padre è stata costretta a fare la geisha e punta al matrimonio per riabilitarsi socialmente; lui si sposa per spirito di avventura, secondo le usanze locali infatti può abbandonare la moglie anche dopo un solo mese. Durante la cerimonia lo zio bonzo di Cio Cio-san irrompe maledicendo la ragazza poiché, per sposarsi ha rinunciato al buddhismo per abbracciare il cristianesimo. Abbandonata per sempre la sua famiglia, Butterfly si lega ardentemente al marito in un lungo e commovente duetto d’amore.
Atto II
Il secondo atto si apre in casa di una Butterfly disperata ed abbandonata. Da tre anni Pinkerton è ritornato in patria lasciando, al suo destino la giovanissima sposa, e la casa nella quale vive con la fedele serva Suzuki. Quest’ultima ha realizzato che l’uomo non tornerà mai piu, ma Cio Cio-san, forte di un amore ardente non perde la speranza. La visita del console Sharpless, venuto a sincerarsi delle condizioni della giovane è l’occasione per presentargli il figlio che ha avuto con Pinkerton.
Il consiglio di Sharpless
Lui le suggerisce di accettare la corte del principe Yamadori, che vorrebbe sposarla, ma lei rifiuta, attende infatti il ritorno di suo marito. Cio Cio-san allertata del cannone del porto, scruta l’orizzonte e vede l’ Abramo Lincoln la nave da guerra su cui era imbarcato Pinkerton; convinta che sia tornato per lei, la donna esulta e insieme a Suzuki addobba la casa per accoglierlo; le due donne e il bambino restano in attesa per tutta la notte, ma egli non arriva.
Atto III
Il terzo atto vede una Cio Cio-san sconvolta dalla la notte insonne passata ad aspettare, ormai disillusa e rassegna, riceve la visita di Pinkerton, accompagnato da Sharpless e da Kate, la sua sposa americana. L’uomo è venuto a prendersi il bambino per portarlo in America. Pinkerton vede come Butterfly ha decorato la casa per il suo ritorno, si rende conto di averla ferita e di non poterla affrontare, lasciando a Suzuki, Sharpless e Kate l’ingrato compito di darle la notizia.
L’onore e la morte
Questa accetta di consegnare il bimbo purché Pinkerton venga di persona a vederla. La sua illusione di felicità a lungo sognata è svanita. Decide quindi di togliersi la vita col tanto’, il pugnale rituale che fu regalato al padre da Mikado, dopo aver bendato il piccolo. Nella struggente scena finale, Butterfly si colpisce secondo jigai il rito giapponese pronunciando le parole “con onor muore chi non può serbar vita con onore” incise sulla lama; si trascina verso il figlio ed esanime gli cade vicino. Si sente da lontano la voce di Pinkerton che grida “Butterfly! Butterfly!”.