Gli effetti benefici del caffè sul microbiota intestinale potrebbero avere importanti implicazioni per la salute umana
Il caffè dopo il risveglio è una delle quotidianità tipiche nella vita di un italiano medio. Ma se fosse anche un alleato per il microbiota intestinale? Secondo l’immunologo Mauro Minelli, docente di dietetica e nutrizione all’Università Lum, questa bevanda può favorire il benessere fisico grazie alle sue influenze positive sul microbiota. Studi recenti farebbero pensare che il caffè potrebbe aiutare anche a prevenire alcune malattie, favorendo la selezione di batteri ‘buoni’ e contribuendo a evitare la nascita di malattie come il diabete di tipo 2 e le steatosi epatiche non alcoliche.
La modulazione del microbiota intestinale
Oltre essere una bevanda ipocalorica, il caffè contiene molecole come la caffeina, che favorisce la liberazione di neurotrasmettitori importanti come l’adrenalina, rendendoci più energici. Inoltre, la caffeina può inibire la secrezione di fattori infiammatori come le interleuchine, riducendo l’infiammazione nel colon. Tra i componenti del caffè, i polifenoli meritano una particolare attenzione. L’acido caffeico, per esempio, ha dimostrato effetti neuroprotettivi che potrebbero avere un ruolo nella prevenzione delle patologie neurodegenerative.
Gli studi indicano che alcuni composti presenti nel caffè, come gli acidi clorogenici e la caffeina, possono influenzare la crescita di specifici batteri intestinali. Si sono riscontrati invece diminuzioni di Escherichia coli, Clostridium, Enterococcus, etc. I polifenoli, in particolare, sembrano avere la capacità di modulare il microbiota intestinale, aumentando la concentrazione di batteri benefici come Faecalibacterium, Lactobacillus, Akkermansia e Bifidobacterium, che sono associati alla produzione di acidi grassi a catena corta, benefici per la salute.
Un alleato, senza eccessi
Ma il troppo stroppia, sempre: benefici sì ma senza eccessi. Il caffè può provocare assuefazione e aggravare eventuali malattie cardiovascolari preesistenti. Diventa poi una problematica da non sottovalutare in presenza di disturbi allo stomaco, come reflusso gastroesofageo o gastriti.