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L’importanza dell’età degli alberi

La longevità delle foreste europee è un fattore chiave per comprendere l’adattabilità degli ecosistemi ai cambiamenti climatici. Il Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom, in collaborazione con l’Università di Firenze, ha pubblicato studi rivelatori sulle dinamiche forestali in diverse condizioni climatiche.

Un’importante ricerca del Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom (Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo), condotta in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze, ha messo in luce l’impatto dell’età degli alberi e delle foreste sulla loro capacità di resistere ai cambiamenti climatici. Lo studio, pubblicato nelle riviste scientifiche Journal of Environmental Management e Forests, si è concentrato su come la gestione forestale passata abbia influenzato la struttura e la fisiologia degli ecosistemi forestali, con importanti implicazioni per la loro resilienza, produttività e stabilità.

Attraverso avanzati modelli tridimensionali, il team ha analizzato come l’età degli alberi e dei popolamenti influisca sul bilancio del carbonio e sull’assimilazione di CO2, fattori determinanti per la resilienza delle foreste. I risultati indicano che le foreste giovani e di mezza età, soprattutto tra i 16 e i 50 anni, mostrano una produttività maggiore rispetto alle foreste più mature, a prescindere dalle condizioni climatiche. Tuttavia, queste foreste giovani potrebbero essere più vulnerabili a una vita più breve rispetto alle foreste mature, che, nonostante una produttività inferiore, mostrano una maggiore stabilità grazie all’accumulo di carbonio e alla capacità di adattamento.

Il ruolo delle diverse specie forestali nell’adattamento ai cambiamenti climatici

Lo studio ha esaminato tre delle specie forestali più comuni in Europa: il pino silvestre, l’abete rosso e il faggio. Utilizzando il Three Dimensional – Coupled Model Carbon Cycle (3D-CMCC), il team ha simulato diversi scenari climatici futuri senza interventi antropici, analizzando come queste specie reagiscano alle variazioni di età e condizioni climatiche. Il modello ha evidenziato che il faggio, in particolare, dimostra una notevole capacità di adattamento con un aumento della biomassa epigea (chiome e tronchi) in risposta all’aumento di CO2 e della temperatura atmosferica.

D’altra parte, l’abete rosso mostra una diminuzione della biomassa nelle foreste più vecchie, suggerendo una maggiore vulnerabilità alle condizioni climatiche avverse. Il pino silvestre, invece, pur mantenendo una buona capacità di stoccaggio della CO2, presenta una riduzione dell’incremento annuo di volume con l’età, indicando che la sua produttività potrebbe diminuire con il tempo. Questi risultati sono cruciali per sviluppare strategie di gestione forestale che possano rafforzare la resilienza delle foreste europee ai cambiamenti climatici.

Strategie future per la gestione forestale europea

Elia Vangi, postdoc presso il Forest Modelling Lab del Cnr-Isafom e primo autore degli studi, sottolinea l’importanza di promuovere la diversità delle specie e delle età all’interno delle foreste per migliorare la loro capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. L’incertezza climatica futura potrebbe influenzare in modo disomogeneo la funzionalità delle foreste, variando in base alla specie e alla struttura del popolamento considerato.

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