Il mercato dell’olio d’oliva: l’Italia si difende tra sfide e opportunità nella competizione con la Spagna
L’olio d’oliva, simbolo del made in Italy. Continua a giocare un ruolo cruciale nella nostra economia e cultura gastronomica. Tuttavia, sebbene l’Italia mantenga una posizione di leadership come primo consumatore globale, deve confrontarsi con una realtà competitiva agguerrita, dominata in gran parte dalla Spagna. Questo scenario emerge chiaramente da uno studio approfondito realizzato da Mediobanca, che analizza le dinamiche del settore olearia italiano e i suoi principali concorrenti.
Il panorama del mercato: Italia e Spagna a confronto
Nel 2023, l’Italia si posiziona come il secondo produttore ed esportatore di olio d’oliva a livello mondiale, con una produzione di circa 289mila tonnellate. La Spagna, con una produzione di 766mila tonnellate, guida il mercato con un ampio margine. Questo divario di produzione si riflette anche nelle esportazioni: l’Italia ha esportato 338mila tonnellate di olio d’oliva, mentre la Spagna ha superato le 1.000 tonnellate nel periodo 2021-2022, grazie a investimenti strategici finanziati dall’Unione Europea. Questi investimenti, avviati alla fine degli anni Ottanta, hanno consentito alla Spagna di modernizzare l’olivicoltura e migliorare significativamente la capacità produttiva.
Nonostante l’Italia eccella come consumatore globale, con un consumo di 415mila tonnellate nel 2023-2024, il consumo pro-capite rimane inferiore a quello di Spagna e Grecia. Gli italiani consumano circa 7,1 chilogrammi di olio d’oliva all’anno, mentre spagnoli e greci raggiungono rispettivamente i 7,5 chili. Questi dati evidenziano una grande passione per l’olio d’oliva, ma anche una differenza strutturale nei modelli di consumo tra i vari paesi mediterranei.
Le sfide dell’industria olearia italiana: infrastrutture e competitività
Il settore oleario italiano si confronta con una struttura produttiva frammentata. Con oltre 4.300 frantoi distribuiti su 1,1 milioni di ettari, la media di produzione per frantoio è piuttosto bassa rispetto ai frantoi spagnoli, che producono circa 460 tonnellate di olio per impianto. In Italia, molti frantoi, soprattutto nel Centro-Sud e in Liguria, hanno visto una significativa riduzione del loro numero, con un calo del 30% dal 2010. Questo fenomeno ha accentuato la disparità con la Spagna, dove l’industria olearia è fortemente industrializzata e tecnologicamente avanzata.
La Puglia è il cuore della produzione olearia italiana, contribuendo con il 59,3% del totale nazionale. Tuttavia, anche i frantoi pugliesi, sebbene relativamente grandi nel contesto italiano, risultano piccolissimi rispetto ai loro omologhi spagnoli. In Spagna, l’industria è caratterizzata da pochi grandi impianti che dominano il mercato, mentre in Italia prevalgono i piccoli produttori, spesso legati a metodi tradizionali e meno modernizzati.
Esportazioni e prezzi: la battaglia sul mercato globale
Nel 2023, l’Italia ha esportato quasi 325mila tonnellate di olio d’oliva, con gli Stati Uniti come principale destinatario, seguiti da Germania e Spagna. Nonostante la crescita dell’export, il saldo commerciale rimane negativo, con l’Italia che importa più olio di quanto esporti. I prezzi dell’olio d’oliva hanno visto un’impennata significativa, passando da 4,86 euro al litro a 6,25 euro, a causa della siccità globale che ha ridotto l’offerta. Questo aumento dei prezzi ha avuto un impatto diretto sulle vendite e sulla competitività del prodotto italiano.
L’analisi di Mediobanca indica che la situazione potrebbe persistere, con prezzi elevati a causa della continua domanda e delle difficoltà di produzione in altri paesi mediterranei. L’olio d’oliva, dunque, rimane un prodotto pregiato e di nicchia, con sfide importanti per il futuro del settore.