Tra i protagonisti lo scrittore Ibrahima Lo e l’importanza di dare voce a chi non ce l’ha
Il Festival Strangius si presenta come un’occasione unica per fermarsi e riflettere su due temi fondamentali: la lentezza e il silenzio. Entrambi in contrapposizione a una società che ci spinge verso un ritmo sempre più frenetico e rumoroso. L’edizione del 2024, intitolata “Bradipi. Elogio della Lentezza e del Silenzio“, invita a considerare il valore di questi elementi, non come vuoti o assenze, ma come spazi preziosi per la riflessione, la creatività e la comprensione profonda del mondo che ci circonda.
Tra i protagonisti lo scrittore senegalese Ibrahima Lo che ha vissuto in prima persona l’esperienza di migrare verso l’Europa, affrontando a soli 16 anni un’odissea di nove giorni attraverso il deserto del Sahara. La sua storia personale e il suo vissuto si riflettono profondamente nelle sue opere, dove mette in luce le difficoltà, le speranze e le ingiustizie che molti migranti affrontano nel tentativo di trovare una vita migliore. Il suo percorso rende le sue narrazioni ancora più potenti, dando voce a chi, come lui, ha dovuto percorrere strade pericolose e spesso invisibili al resto del mondo.
I suoi due libri, un modo per dare voce a chi altrimenti rimarrebbe in silenzio
In “Pane e acqua“, la sua prima opera, appunto, racconta la storia di un giovane che, dopo aver perso i genitori, si ritrova impossibilitato a proseguire gli studi e costretto a intraprendere un pericoloso viaggio. Nel suo percorso, il ragazzo incontra militari e trafficanti di esseri umani, vivendo l’esperienza devastante di essere considerato una merce di scambio. La narrazione mette in luce le cicatrici profonde lasciate dalla Libia sul suo corpo e dal Mediterraneo sulla sua anima, offrendo una testimonianza toccante e cruda delle difficoltà affrontate da tanti migranti.
Ne “La mia voce” , il suo secondo lavoro, invece parla delle storie di chi vive sotto l’ingiustizia, privo della libertà di parola, con un’attenzione particolare a coloro che sono fuggiti dall’Africa attraverso il mare. Il libro mette in evidenza la situazione di molti giovani che, desiderando cambiare il proprio destino, si trovano a subire arresti, incarcerazioni e torture per aver tentato di esprimere le proprie idee e rivendicare i propri diritti.
“”La mia voce” menziona storie di persone che non ce l’hanno fatta- afferma lo scrittore-, perchè vivono sotto l’ingiustizia, non hanno libertà di parola in particolare quelli che hanno dovuto lasciare l’Africa scappando in mare. Molti giovani vorrebbero cambiare le cose e non hanno voce infatti proprio per questo motivo vengono arrestati, messi in carcere, torturati. Questa la ragione in virtù della quale abbiamo portato questo tema al Festival per consentirgli di dire la loro”.