Il rapporto degli italiani con il sole ha radici storiche profonde, ma oggi l’abbronzatura è diventata anche una questione di estetica e benessere. Tra desiderio di pelle dorata e timore per i danni del sole, l’evoluzione di un costume sociale.
L’abbronzatura è da sempre un simbolo ambivalente. Se oggi nove italiani su dieci la associano a uno stato di salute e benessere, in passato era vista come un segno di fatica e appartenenza a classi sociali meno agiate. Questo cambiamento di percezione, tuttavia, non ha portato solo effetti positivi. Il desiderio di una pelle scura, soprattutto tra i più giovani, si è trasformato in alcuni casi in una vera e propria ossessione, nota come tanoressia, un termine che combina il verbo inglese “tan” (abbronzarsi) e il greco “órexis” (appetito). Questa condizione rappresenta un desiderio compulsivo di esposizione al sole, che porta le persone a non sentirsi mai abbastanza abbronzate, proprio come chi soffre di anoressia non si vede mai sufficientemente magro.
H3: Dal pallore aristocratico all’abbronzatura come status symbol
L’evoluzione del rapporto con il sole inizia molto tempo fa. Durante l’epoca vittoriana e persino nella Grecia antica, la pelle chiara era il segno distintivo delle classi nobili. La pallidezza indicava la possibilità di evitare il lavoro manuale nei campi, contrariamente ai contadini esposti costantemente ai raggi solari. Con il passare del tempo, questa percezione cambiò radicalmente. Negli anni Venti del Novecento, la stilista Coco Chanel rivoluzionò il concetto di bellezza proponendo l’abbronzatura come un elemento di eleganza. Dopo una crociera nel Mediterraneo, Chanel cominciò a sfoggiare la pelle abbronzata, suggerendo alle sue clienti e amiche di seguire il suo esempio per valorizzare i capi della sua maison.