La seconda edizione di Giudicesse 2030, promossa dal CSC Carbonia e curata da U-BOOT Lab, si chiude con l’installazione multimediale che esplora la tradizione femminile del costume di Sant’Antioco, tra questioni di genere e riflessioni identitarie.
Sabato 26 ottobre, nel Palazzo del Capitolo di Sant’Antioco si è svolto l’evento conclusivo della residenza artistica del Collettivo EFFE con l’installazione “Persino le Spine Sono Spilli”. Parte del progetto Giudicesse 2030, questa opera multimediale getta uno sguardo contemporaneo e critico sulle disequità di genere e sull’identità femminile, a partire dall’abito tradizionale di Sant’Antioco. L’evento, promosso dal CSC Carbonia della Società Umanitaria e curato da U-BOOT Lab in collaborazione con Ottovolante Sulcis, si è tenuto nella sala mostre del palazzo, in piazza De Gasperi 1, con interpretariato LIS a cura di Laura Frau e sottotitolazione di Francesca Marchionne, seguito da un aperitivo e un djset con J-mve.
L’installazione “Persino le Spine Sono Spilli”: un dialogo tra storia e attualità
Il cuore dell’installazione, realizzata da Antonio Careddu, Giulia Odetto, Inès Panizzi e Camilla Soave, è l’abito femminile tradizionale, simbolo identitario e patrimonio culturale di Sant’Antioco. Questo elemento diventa una lente per esplorare e ridefinire il ruolo della donna in Sardegna e per raccontare la storia locale in una prospettiva contemporanea. Dopo due settimane di intensa collaborazione con la comunità, il collettivo ha intrecciato storie personali, familiari e collettive, creando un’opera che unisce ricerca storica e sperimentazione artistica. Gli incontri con le donne locali, molte delle quali legate al costume tradizionale per tradizione familiare o affinità culturale, hanno rivelato una relazione profonda con il folclore, che va oltre l’abbigliamento.
Durante questi scambi, le protagoniste hanno condiviso il significato del costume come strumento di auto-affermazione identitaria e sociale. Nei momenti di “vestizione” tradizionale, sono emerse storie che raccontano come l’abito influenzi la percezione personale e pubblica delle donne nella comunità. Grazie alla collaborazione del Gruppo Antica Città di Sulki e dell’Associazione Terza Età, il Collettivo EFFE ha potuto osservare e documentare i diversi stadi e le tecniche della vestizione, analizzando l’evoluzione dell’abito come specchio dei cambiamenti sociali. L’installazione si nutre anche di elementi naturali, grazie all’intervento dell’artista visiva Inès Panizzi, che ha integrato specie vegetali costiere nell’abito, simbolo della provvisorietà e trasformazione, contrapponendosi alla fissità della tradizione.
Tra natura e cultura: un abito effimero come simbolo di autodeterminazione
L’intervento artistico di Inès Panizzi si distingue per l’uso di materiali vegetali dell’isola, raccolti e intrecciati per creare un abito scultoreo effimero. Questo abito di materiale naturale deperibile rappresenta la sfida a ruoli rigidi e prestabiliti, evocando la relazione tra cultura e natura dell’isola di Sant’Antioco. L’opera evidenzia come l’abito, seppur radicato nella tradizione, possa trasformarsi in un simbolo di autodeterminazione e cambiamento, riflettendo la continua ridefinizione dell’identità femminile in Sardegna. Panizzi propone una lettura che abbraccia la cultura dell’abito tradizionale sardo attraverso una narrazione tridimensionale, visiva e sonora, che invita il pubblico a esplorare la propria relazione con le tradizioni.
Durante la residenza artistica, il Collettivo EFFE ha coinvolto numerose figure chiave della comunità, come Carmen Soncin, esperta di tessuti, e Roberta Garau, specialista in tintura, il cui contributo è stato essenziale per comprendere i dettagli tecnici e simbolici dell’abito tradizionale. Il dialogo continuo con queste donne ha permesso agli artisti di approfondire la relazione tra costume e identità personale, sottolineando l’importanza della narrazione collettiva nel preservare, ma anche rinnovare, il patrimonio culturale.
La seconda edizione di Giudicesse 2030 è realizzata con il sostegno del Comune di Sant’Antioco e della Regione Sardegna, e rientra in un progetto più ampio di valorizzazione culturale promosso dal CSC Carbonia, con il contributo di partner come Ottovolante Sulcis. Il CSC Carbonia della Società Umanitaria, attraverso la collaborazione con U-BOOT Lab, ha curato una programmazione artistica che include teatro, arti visive e installazioni, mirata a costruire percorsi di ricerca in sinergia con la comunità locale e la natura dell’isola, offrendo un modello di fruizione culturale realmente inclusivo e multidisciplinare.