La violenza di genere su internet rappresenta un tema sempre più attuale, ma spesso ignorato. Il libro di Lara Ghiglione e Vanessa Isoppo, ‘Come farfalle nella ragnatela. Storie di ordinaria violenza digitale sulle donne’, si propone di illuminare un fenomeno che colpisce tantissime vite, portando alla luce vicende drammatiche e le esperienze di chi ha dovuto affrontare abusi e cyberbullismo. Leggere queste storie significa confrontarsi con una realtà inquietante che, purtroppo, non risparmia nemmeno le donne più forti e resilienti.
Una tra le storie emblematiche di violenza raccontate nel libro è quella di Diana De Meo, una giovane arbitro di calcio che ha vissuto un incubo per colpa di un hacker. Diana raccontava la sua esperienza di vita e di vulnerabilità, evidenziando come la tecnologia potesse trasformarsi in un’arma letale. Nonostante il suo telefonino fosse stato violato sette volte, la De Meo ha trovato la forza di reagire e di rielaborare il suo rapporto con gli altri. Precedentemente, Diana si sentiva orgogliosa di incontrare nuove persone, ma il susseguirsi di eventi le ha fatto sviluppare una certa diffidenza. “Mia madre per fortuna l’ha presa nel miglior modo possibile”, affermava Diana, dimostrando come il sostegno familiare possa fare la differenza. Anche i dirigenti dell’Associazione Italiana Arbitri non hanno ostacolato la sua carriera, permettendole di rimanere all’interno del circuito sportivo nonostante le sue disavventure digitali.
Diana metteva in guardia sul pericolo della condivisione di dati online, spiegando che accettare i cookies significava talvolta autorizzare la vendita delle proprie informazioni nel cosiddetto dark web. Purtroppo, il rischio di diventare involontarie protagoniste di vendite di video o foto intime è un timore costante per molte donne, e spesso il dolore di scoprire tali realtà esplode in modi drammatici, come nel caso di molti suicidi legati al cyberbullismo.
Vittime e educazione: il bisogno di regole
Un altro capitolo significativo della violenza di genere online coinvolge Laura Boldrini, ex Presidente della Camera, che ha subito attacchi verbali devastanti anche per la sua famiglia. La vicenda di sua sorella, descritta in modo infamante, colpiva il pubblico, senza ferire solo Boldrini ma anche l’immagine di una donna già scomparsa, che non aveva mai avuto alcun legame con la politica o le migrazioni. “C’era un dettaglio ignoto a chi mi scaricava addosso tanto veleno”, ricordava, rivelando la brutalità delle minacce e degli insulti di cui è stata vittima. La situazione di Boldrini metteva in luce una mancanza di rispetto per la dignità umana, ma il suo racconto faceva anche comprendere quanto fosse fondamentale parlare di cyberbullismo per educare alla consapevolezza.
In questo contesto, si rivelava particolarmente utile il vademecum redatto per i genitori di figli minori vittime di atti di cyberbullismo. La guida offriva indicazioni pratiche, come procurarsi screenshot delle conversazioni e recarsi in un ufficio di Polizia per sporgere denuncia. Rifiutarsi di cancellare le prove e cercare supporto diventava essenziale nel processo di recupero e di lotta contro l’ingiustizia. Le famiglie, infatti, avevano il dovere di proteggere i propri figli, ma anche quello di educarli sui pericoli della rete e sulla necessità di agire con fermezza di fronte a una violenza che spesso si consumava in silenzio.
Cyberbullismo e adolescenti: l’emergenza di un fenomeno
La diffusione di contenuti nocivi online e l’insediamento del cyberbullismo tra i più giovani si confermava come un tema cruciale. Da un’indagine condotta dall’Ong Plan International nel 2020, oltre il 40% delle ragazze tra i 15 e i 25 anni dichiarava di aver subito abusi di vario genere online. Malgrado la nascita di prime timide regolamentazioni, il gap culturale rimaneva incolmabile. Si verificavano episodi di molestie, nei quali i social media diventavano amplificatori di un odio che non conosceva limiti. La sfida lanciata su TikTok nel 2022, nota come ‘Boiler Summer Cup’, serviva a dimostrare quanto fosse grande il problema. In questo caso, ragazzi e ragazze venivano sfidati a sedurre giovani donne in sovrappeso, svalutando e oggettivando le loro esistenze, un fatto che destava preoccupazione tra le famiglie.
La reazione di TikTok, a fronte della polemica, risultava lungimirante quanto una goccia nel mare. Come avveniva spesso, i video e i post controversi continuavano a circolare, permettendo che la cultura dell’odio continuasse a radicarsi nei più giovani, rendendoli complici involontari di atti inaccettabili. È, dunque, evidente che il conflitto tra la libertà di espressione e la necessità di proteggere i più vulnerabili appare irrisolto, e anzi, sempre più urgente.