Un’epidemia dalle origini ignote spaventa la Repubblica Democratica del Congo. I sintomi simil-influenzali e la rapida diffusione stanno mettendo a dura prova le autorità, in un contesto già segnato da altre emergenze sanitarie.
La Repubblica Democratica del Congo, uno dei paesi dell’Africa centrale, affrontava una nuova crisi sanitaria. Una misteriosa malattia si diffondeva rapidamente nella provincia meridionale di Kwango, causando sintomi simil-influenzali e colpendo in particolare bambini e adolescenti. Con oltre 79 morti ufficiali e circa 380 casi confermati, l’epidemia metteva in allarme sia le autorità locali sia le organizzazioni sanitarie internazionali.
Secondo il ministro della Sanità Roger Kamba, i decessi registrati negli ospedali derivavano in parte da carenze di trasfusioni di sangue e difficoltà respiratorie. Tuttavia, la situazione appariva più complessa: i dati provenienti da agenzie come Reuters indicavano numeri di vittime superiori, compresi tra 67 e 143, suggerendo che i dati ufficiali potessero sottostimare la gravità dell’epidemia. La fascia di età più colpita, sorprendentemente, era quella tra i 15 e i 18 anni, mentre il 40% dei casi coinvolgeva bambini sotto i cinque anni.
Le autorità locali, con il supporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, cercavano di identificare la natura del patogeno. Jean Kaseya, direttore dell’Africa Centers for Disease Control and Prevention, ipotizzava una malattia respiratoria, ma rimanevano dubbi sulla possibilità che si trattasse di una zoonosi o di un’infezione batterica, come una polmonite atipica da Mycoplasma.
Le difficoltà logistiche e la risposta sanitaria
La crisi sanitaria aveva preso piede nella zona rurale di Panzi, una delle aree più isolate della provincia di Kwango. Qui, la scarsa accessibilità e la mancanza di laboratori in loco rallentavano gli sforzi per identificare il patogeno. I campioni biologici prelevati dai pazienti venivano inviati al laboratorio più vicino, situato a 480 chilometri di distanza, nella città di Kikwit, nella provincia di Kwilu.
Nel frattempo, gli operatori sanitari del locale Institut National de Santé Publique (INSP) impiegavano giorni per raggiungere le comunità colpite, ostacolati dalle difficili condizioni del territorio. Anche i rifornimenti di medicinali risultavano problematici, spingendo l’OMS a inviare esperti sul campo per supportare la popolazione e raccogliere ulteriori dati. Le autorità raccomandavano misure di prevenzione come il lavaggio delle mani e il rispetto delle norme igieniche, ma rimanevano incerte sulla trasmissibilità della malattia.
L’intreccio con altre emergenze sanitarie
Il Congo si trovava già a fronteggiare altre sfide sanitarie. L’epidemia di vaiolo delle scimmie, che tra gennaio e luglio 2024 aveva causato circa 14.500 casi, continuava a pesare sul sistema sanitario nazionale. Inoltre, focolai ricorrenti di Ebola avevano indebolito la capacità di risposta delle istituzioni.
Anche l’Italia entrava indirettamente nella vicenda. Un uomo ricoverato a Lucca, dopo un soggiorno nel Congo, presentava sintomi analoghi a quelli dell’epidemia. L’Istituto Superiore di Sanità escludeva il rischio di contagio in Italia, rassicurando che la condizione del paziente fosse legata a una complicanza batterica curabile con antibiotici.
Approfondimenti e aggiornamenti in corso
L’evoluzione della situazione nel Congo richiedeva costanti aggiornamenti. Per informazioni ufficiali, si potevano consultare i portali del Ministero della Sanità della Repubblica Democratica del Congo o dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.