Motta, artista simbolo del nuovo cantautorato italiano, si racconta prima del tour estivo.
C’è qualcosa in Motta di forte e di decisamente artistico, cioè il carattere. Questo è emerso subito dalla sua prima prova, cioè il disco d’esordio “La fine dei vent’anni”. Il primo album lo ha portato fin qui, a un progetto che conferma e rilancia quanto di buono era uscito da quel disco. Carattere, attitudine, voglia di essere, urgenza di dire. “Vivere o morire” è una dichiarazione vera e propria, una prova di forza emanata in ogni dettaglio: la foto di copertina, il videoclip che ha accompagnato la prima canzone “Ed è quasi come essere felice”, il suono imploso e nervoso delle canzoni, il titolo forte, l’assenza totale di compromessi. È palese il desiderio di farsi ascoltare per intero, dalla prima all’ultima canzone.
In “Vivere o morire” c’è il nocciolo di ciò che sta a cuore all’artista, è un punto di partenza che è al tempo stesso un punto di arrivo. C’è la voglia di ricordare che ogni costruzione della vita, ogni edificio complesso e intricato che possiamo mettere in piedi, è fatto di scelte continue: bivi presi in una direzione o in un’altra, sì o no detti o tenuti dentro. Ci sono canzoni che sono strade non agevoli, che costringono a ripercorrere il proprio percorso a ritroso e ripensare al passato. Perché per Motta scrivere canzoni è questione di vita o di morte.
Motta sarà in concerto il 14 luglio a Sassari per l’Abbabula Festival.
Ascolta l’intervista a Motta.