Da Riccione a New York passando per Fregene: ecco il nuovo viaggio dei Thegiornalisti.
New York, 8 milioni e mezzo di abitanti e centinaia di tributi alla grande città americana. Quando ti imbatti nella Grande Mela è difficile resistere alla tentazione di impugnare chitarra e penna per scrivere una canzone. A questa stimolante città non hanno saputo dire di no neanche i Thegiornalisti ed ecco “New York“, il terzo singolo che anticipa l’album Love in uscita il 21 settembre. Il brano si muove agevolmente nel dream pop tanto caro a Tommaso Paradiso e compagni. La testualità della canzone si compone di piccole fotografie oniriche di una giornata malinconica. L’autunno, ormai alle porte, è una marcia in più che rende avvolgente il brano. La New York cantata dalla band romana non è quella luminosa di Times Square o dei grandi musical di Broadway, ma quella della solitudine di una camera da letto senza la persona amata. L’estate di “Felicità Puttana” si fa da parte per lasciare spazio a melodie e situazioni più intime.
Tommaso Paradiso sembra voler comunicare con immagini semplici e immediate: la voglia di restare tutto il giorno nel letto, il ricordo di uno stabilimento balneare (si, ancora uno stabilimento balneare!) di Fregene, la voglia di scappare per trovare un po’ di pace. È evidente che “New York” è una canzone composta per piacere a tutti, dai bambini delle elementari alle casalinghe. Il ritorno ad una scrittura più di getto e immediata è un’illusione che svanisce con rime a volte scontate. Lo special del brano è un guizzo quasi vincente se non ricordasse troppo le melodie di Antonello Venditti. I Thegiornalisti hanno provato a scrivere un classico, di quelli che entrano in cima alle classifiche (cosa che probabilmente accadrà) e che si ascolteranno con felice nostalgia tra qualche decennio (cosa che probabilmente non accadrà). Sicuramente ben curato l’arrangiamento, con suoni di qualità e un passaggio con un accordo diminuito apprezzabile e raffinato per gli appassionati di armonia e teoria musicale. Il tappeto di pianoforte ricorda quelli già sentiti in un centinaio di dischi italiani negli ultimi trent’anni. Nulla di nuovo e niente di rivoluzionario, un pezzo pop che farà cantare anche stavolta migliaia di persone. Per conquistare la storia della musica d’autore italiana non basta conquistare i palazzetti, serve una marcia in più, perché i dischi d’oro servono per le statistiche e non per accede all’Olimpo dei grandi Maestri del cantautorato.