IL GIARDINO DEI CILIEGI

Alessandro Serra riscrive “Il Giardino dei ciliegi”

Al Teatro Massimo di Cagliari è andato in scena dal 9 al 16 novembre “Il giardino dei ciliegi” firmato dal giovane regista sardo Alessandro Serra

Ultima replica quella di sabato 16 novembre al Teatro Massimo di Cagliari per “Il giardino dei ciliegidi Alessandro Serra  ̶  presentato in anteprima alla Biennale Teatro 2019 –, portato sulla scena isolana, in prima nazionale, sabato 9 novembre, inaugurando la Stagione 2019 – 2020 de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC: Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna; una produzione di Sardegna Teatro, Accademia Perduta Romagna Teatri, Teatro Stabile del Veneto, TPETeatro Piemonte Europa, Printemps des Comediéns in coproduzione con Compagnia Teatropersona e Triennale Milano Teatro.

Una rilettura in chiave poetica quella effettuata dal giovane Serra, regista sardo già noto ai critici e già vincitore di importanti premi grazie al suo Macbettu (Premio Ubu 2017 come Spettacolo dell’Anno; Premio della Critica Teatrale ecc.), il dramma shakespeariano recitato però in limba sarda.

Ironico e struggente, Il giardino dei ciliegi, capolavoro in quattro atti di Anton Čechov, diretto e riscritto da Alessandro Serra in tre atti, che ne cura appunto oltre alla regia anche la drammaturgia, e lo connota di nuovi elementi, inizia e termina entro uno spazio definito, sul palcoscenico, da tre mura, rappresentanti la stanza dei bambini. Stanza che richiama un’epoca lontana, che non c’è più per i personaggi cechoviani: la fanciullezza con la sua innocenza e spensieratezza. Così, dietro a un velo di struggente nostalgia si intessono i dialoghi degli adulti-bambini fatti di scomode concretezze terrene, ma ancora echeggianti di ingenuità.

È importante sottolineare che si tratta della stanza dei bambini perché gli elementi intorno a sé non lo lascerebbero altrimenti intendere, se non per qualche traccia, e la stessa assume più che altro le fattezze di una stanza di passaggio ma con elementi che “prolungano” la stanza dei bambini, che fanno da cassa di risonanza ai discorsi dei personaggi ormai adulti. In tutto questo si restituisce fedeltà all’opera di Čechov, qui arricchita dai giochi di luce curati dallo stesso Serra. L’impianto illuminotecnico dà il suo contributo determinante alla scena, impreziosita dalla trasposizione di atmosfere diverse a seconda degli stati d’animo, accompagnata da soluzioni sonore che ne amplificano i significati e che rendono giustizia a un disegno più grande, entro il quale si muovono i protagonisti nel raccontare un frammento di quotidianità di una famiglia di nobili a un passo dal tracollo economico e privato, in sequenze talvolta corali, cantate e danzate quasi a creare piccole coreografie, passando dall’immobilismo assoluto alla mobilità febbrile e circospetta.

In una messinscena che rispetta quel tanto di farsa e di garbata commedia tanto ricercate da Čechov, Alessandro Serra non fa mancare però i toni malinconici di Liuba e Gaiev che non potranno più ammirare il loro superbo giardino di ciliegi in vista della messa all’asta della proprietà. Giardino che è il filo rosso di tutta la narrazione, come scrisse Strehler nelle note di regia “È attraverso il giardino che si vede la storia (…) funge da quarta parete, e si vede e non si vede”. Ciò che all’apparenza è una vicenda quasi insulsa va invece letta in chiave simbolica: gli eventi che coinvolgono i personaggi, che paiono vivere di ricordi, a tratti di rimorsi, proiettati verso una nuova vita che non potrà più svolgersi entro le mura familiari testimoni di innumerevoli tragedie (una tra tutte la morte del piccolo Griscia, il figlio più piccolo di Liuba, annegato nel fiume) ma anche di tanti momenti felici, anticipano i cambiamenti che subirà la stessa Russia negli anni della rivoluzione che è di là da venire.

E come nei chiaroscuri delle rappresentazioni pittoriche di caravaggesca memoria, i personaggi con tutte le loro peculiarità meravigliosamente rappresentate da un cast talentuoso (Arianna Aloi, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Marta Cortellazzo Wiel, Massimiliano Donato, Chiara Michelini, Felice Montervino, Fabio Monti, Massimiliano Poli, Valentina Sperlì, Bruno Stori, Petra Valentini) si interfacciano tra loro in quella che appare una parabola sul destino dell’uomo, sul destino di una classe decaduta e sui suoi servi, alcuni dei quali, come il vecchio maggiordomo Firs dimenticato da tutti, inadatti ai nuovi tempi che verranno e figli di un’epoca altra che non ha fine, almeno nei cuori di chi l’ha vissuta o subita, lasciandoci dubbi e un senso di irrisolto sul destino dell’intera umanità.

About Giulia Sanna

Nasce a Cagliari nell'ottobre del 1990. Consegue la maturità scientifica e si laurea in giurisprudenza. Da giurista pentita decide di cambiare le sue sorti e tenta di avvicinarsi al mondo della comunicazione, che da sempre la affascina e la appassiona. Le esperienze all'estero, a Parigi prima e a Londra poi, la aiutano a capire che la vita è veramente troppo breve per sprecarla a fare qualcosa che non dà stimoli e anzi demolisce la nostra curiosità e il nostro amore per la stessa. Un breve workshop di giornalismo a Roma, indetto da The Post Internazionale con la partecipazione di Limes, suggella per sempre questa sua convinzione e la condanna al precariato eterno. Amante della satira oltre ogni misura e della comicità dissacrante. Viaggia, legge, scrive, corre, mangia e ride. Mai contemporaneamente. Crede nel potere della musica terapeutica.

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