Debutta sabato 25 gennaio 2020, per la stagione “Teatro da Camera. La prosa a Casa Saddi”, la nuova produzione de Il crogiuolo, scritta, interpretata e diretta da Gisella Vacca, accompagnata all’organetto da Pierpaolo Vacca. Lo spettacolo andrà in scena alle ore 21 a Casa Saddi in via Enrico Toti 24 a Pirri.
La memoria celebrata della Shoah dovrebbe esigere il lungo termine; la commemorazione dello sterminio per antonomasia dovrebbe costringerci a riflettere quotidianamente su come sia facile dimenticare e smarrire elementi essenziali di umanità; la memoria precisamente di quell’Olocausto, quello, appunto, con la O maiuscola, dovrebbe insegnarci a tenere alta la guardia, perché la natura umana è fragilissima e facilmente manipolabile.
Il condizionale è l’unico modo verbale spendibile, purtroppo, dal momento che la Shoah non è servita, come non è servita la testimonianza degli innumerevoli genocidi che costellano come marchi del disonore la storia dell’umanità; la stessa storia che ci ricorda, col senno di poi, i motivi scatenanti dei massacri, riassumibili in brama di potere ed espansionismo.
La ricaduta è ciclica e infinito è l’elenco di esseri, di interi popoli e etnie trucidati e annientati per meri interessi economici maldestramente travestiti da necessari provvedimenti per la difesa della “razza” e della religione; scuse comunque insensate e inaccettabili.
Acquietiamo la nostra coscienza ricordando le vittime a scadenze determinate; tra esse ci sono gli indios e i nativi americani, ci sono gli armeni e, ovviamente, tutti i perseguitati del nazi-fascismo che, insieme a milioni di ebrei, ha tramutato in cenere centinaia di migliaia di rom e sinti, disabili e malati di mente, omosessuali, dissidenti e, in generale, persone ai margini o non allineate. Le commemorazioni periodiche, per quanto necessarie, non bastano.
Il biasimo degli Stati e dei singoli individui dev’essere quotidiano e sostenuto da azioni decise e concrete. Soprattutto in questi ultimi anni, in cui assistiamo in diretta all’ennesimo massacro dei kurdi e dei palestinesi attraverso immagini strazianti che vediamo in ogni momento e non ci fanno quasi più orrore, perché ci abituano subdolamente all’intollerabile e ci traghettano inesorabilmente verso l’ignavia. È la “normalizzazione dell’abnorme” traslata all’esterno di noi stessi.
Questo recital ricorda il passato e il presente e ricorda tutti. In musica e in poesia, le tragedie sembrano più leggere ma la memoria permane a lungo termine nel conscio e nell’inconscio.